Ecclesiastico inglese. Imparentato con la famiglia reale (sua madre, Margaret
Clarence, era infatti nipote del duca di Clarence, fratello di Riccardo III),
godette in gioventù della protezione di re Enrico VIII, che gli permise
di compiere gli studi a Oxford e a Padova (1521-27). Rientrato per breve tempo
in patria, nel 1529 si recò a Parigi dove prese posizione rispetto al
matrimonio di Enrico VIII con Anna Bolena e ne affermò decisamente la non
validità. In netto contrasto con il sovrano, non volle tornare in
Inghilterra e, dopo aver inutilmente cercato sostegno contro il re d'Inghilterra
presso varie corti europee, si trasferì in Italia (1532), dove
poté entrare in contatto con gli umanisti cattolici, con i quali
condivideva la forte esigenza di una riforma della Chiesa. In seguito alla
definitiva presa di posizione contro le scelte del re, espressa attraverso la
Pro ecclesiasticae unitatis defensionis (1536), fu creato cardinale da
papa Paolo III e fu tra i promotori della riforma cattolica. Insieme a G.
Contarini, G. Sadoleto, G.P. Carafa e G. Aleandro fu tra gli estensori del
rapporto
De emendanda Ecclesia (1537), esprimendosi a favore di una
conciliazione con i protestanti. Nel 1545 partecipò insieme agli altri
legati italiani al Concilio di Trento, dove dovette cedere ad una linea di
rigida ortodossia. Legato pontificio in Inghilterra, sostenne l'ascesa al trono
di Maria Tudor la Cattolica, e fu consacrato arcivescovo di Canterbury (1556),
diventando in breve tempo il principale consigliere della regina in ambito di
politica religiosa. Svolse un ruolo non secondario nelle persecuzioni contro i
protestanti. Quando Spagna ed Inghilterra mossero guerra contro Francia e
papato,
P. cadde in disgrazia presso il papa Paolo IV e fu privato della
carica di legato. Accusato quindi di eresia, fu inviato al tribunale
dell'Inquisizione, ma morì prima che il processo giungesse a conclusione
(Stourton Castle, Staffordshire 1500 - Londra 1558).